Podologi D'italia
L’appello dei podologi: “Ora provvedimenti che riconoscano il ruolo che la professione deve avere”
Dal XXX Congresso l’Associazione italiana podologi chiede un maggior riconoscimento della professione: dalla creazione dell’albo, all’introduzione nei LEA di alcune patologie podaliche fino alla possibilità di lavorare nelle Case della Salute. In una tavola rotonda le riflessioni di alcuni massimi rappresentanti delle Istituzioni.
Si è chiuso lo scorso 23 ottobre il XXX Congresso Nazionale di Podologia organizzato dall’Associazione Italiana Podologi (AIP).
In apertura, riflettori puntati sula tavola rotonda nel corso della quale è stato condotto un interessante dibattito su “l’evoluzione delle professioni sanitarie nella Sanità che cambia” . “Da questo congresso ha detto il Presidente dell’AIP Mauro Montesi nel suo saluto deve scaturire un salto di qualità nel senso che il podologo , al quale deve essere definitivamente riconosciuta la sua professionalità, venga finalmente considerato dalle Istituzioni indispensabile e come tale inserito a pieno titolo nel Ssn”. Mariapia Garavaglia, che ha presieduto la tavola rotonda, ha avviato il dibattito auspicando in chiusura del suo intervento che “da questo Congresso parta un appello ai legislatori affinché la professione del podologo venga completata nelle sue competenze”.
Ed in effetti, Emilia Grazia De Biasi, Presidente della Commissione Igiene e Sanità del Senato, Stefano Scaramelli, Presidente della Commissione della Sanità Regione Toscana, Rossana Ugenti Direttore Generale delle Professioni Sanitarie al Ministero della Salute, Marco Trabucchi, Presidente dell’Associazione Italiana Psicogeriatria, Vincenzo Ziparo, Direttore Scientifico all’IDI, già Preside della Seconda Facoltà di Medicina della Sapienza, hanno unanimemente riconosciuto la necessità di alcuni provvedimenti che attribuiscano alla podologia il ruolo che deve avere.
Tra essi acquistano grande rilievo la creazione dell’albo professionale; l’aggiornamento del profilo ancora risalente all’anno 1994; l’introduzione nei LEA di alcune patologie podaliche, almeno quelle relative alla complicanza del piede diabetico, dando così a tutti la possibilità di usufruire della prevenzione operata dal podologo anche al fine di assicurare una forte riduzione del numero di amputazioni (circa 7000 ogni anno, con 130 mila giornate di degenza, per una degenza media di 19 giorni per paziente!! ). È stata auspicata anche la presenza del podologo nelle Case della Salute e nelle RSA, tenuto conto che il 70 % degli ultrasessantacinquenni soffre di patologie podaliche.
Quanto alla laurea magistrale, i relatori si sono trovati d’accordo sulla necessità che la Podoiatria venga finalmente introdotta, non certo per esercitare la funzione di organizzatore di reparti che non esistono (il podologo lavora da solo), ma per completare le competenze del podologo come negli altri Paesi più evoluti e per sviluppare gli studi e la ricerca clinica e scientifica.
Da tutti è stato anche affrontato il problema di iniziative atte a debellare l’abusivismo sempre crescente, nonostante l’attività esemplare dei NAS.
Ma perché si raggiunga l’obiettivo di una professione effettivamente utile a tutta la cittadinanza, occorre, come unanimemente riconosciuto, che la podologia faccia parte del SSN, realizzando così l’obiettivo di un sensibile risparmio nei costi ospedalieri, evitando il ricorso all’ospedale da parte di quanti soffrono di una patologia podalica.
Occorre soprattutto che si finisca di assistere ad una rivalità della classe medica con le professioni sanitarie, che non può che arrecare danno al Sistema, oltre che alla collettività. “Che altro dobbiamo fare?” ha chiesto Montesi “di cosa si deve occupare l’AIP per accreditare la podologia presso le Istituzioni e presso la classe medica? Come far capire che favorire sul territorio il ricorso all’assistenza podologica comporta un sensibile risparmio nei costi sempre crescenti del SSN?”. Sono le domande che il Presidente dell’AIP ha rivolto a tutti i congressisti ma soprattutto a quanti, nelle Istituzioni 4/11/2016 L’appello dei podologi: “Ora provvedimenti che riconoscano il ruolo che la professione deve avere” http://www.quotidianosanita.it/stampa_articolo.php?articolo_id=44605 2/2 debbono prendere iniziative importanti, ricordando il grosso impegno che ha caratterizzato l’AIP nei 40 anni di attività e soprattutto quanto sia stata favorita l’occupazione dei giovani. Se dal dibattito sono emersi gli elementi più importanti per un appello alle Istituzioni, altrettanto importanti sono stati i corsi di formazione professionale che sono seguiti nei due giorni successivi. Ad essi è stato dato un taglio pratico e interattivo in modo da assicurare una formazione pratica oltre a quella teorica.
In definitiva è stato unanimemente riconosciuto che il XXX Congresso può essere considerato uno dei migliori e senz’altro il più utile in relazione alle esigenze della professione, ma anche alle aspettative della gente che vi deve ricorrere. Fonte: Ufficio stampa AIP
Decreto Gazzetta Ufficiale
MINISTERO DELLA SALUTE DECRETO 17 maggio 2002
Individuazione delle prestazioni sanitarie esenti dall’applicazione dell’imposta sul valore aggiunto.
IL MINISTRO DELLA SALUTE di concerto con
IL MINISTRO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE
Visto l’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, che individua le prestazioni sanitarie soggette a vigilanza, rese alla persona nell’esercizio delle prestazioni ed arti sanitarie;
Visto l’art. 10, n. 18, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, come modificato dall’art. 36, comma 9, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito nella legge 29 ottobre 1993, n. 427, concernente le prestazioni sanitarie di diagnosi,cura e riabilitazione esenti dall’imposta sul valore aggiunto (I.V.A.), che, da un lato, ha specificato che le prestazioni sanitarie esenti devono essere connotate dalla loro finalizzazione alla diagnosi, cura e riabilitazione della persona, rese dalle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza ai sensi dell’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie e, dall’altra, ha ampliato la categoria dei soggetti esercenti attivita’ sanitaria esente da determinarsi con apposito decreto del Ministro della sanita’ di concerto con il Ministro delle finanze;
Visto l’art. 13 della direttiva 77/388/CEE disciplinante le esenzioni a favore di alcune attivita’ di interesse pubblico;
Vista la legge 24 luglio 1985, n. 409, istitutiva della professione di odontoiatra;
Visto il decreto interministeriale sanita’ – finanze, in data 21 gennaio 1994, con il quale e’ stata ampliata la categoria dei soggetti esercenti attivita’ sanitaria esente;
Visto l’art. 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, recante riordino della disciplina in materia sanitaria a norma dell’art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421;
Visto l’art. 1, comma 1, della legge 26 febbraio 1999, n. 42, recante disposizioni in materia di professioni sanitarie, che ha sostituito in tutte le disposizioni di legge, la denominazione “professione sanitaria ausiliaria” con la denominazione “professione sanitaria”;
Visto l’art. 4, commi 1 e 2, della predetta legge n. 42/1999 che disciplina l’equipollenza e l’equivalenza, ai fini dell’esercizio professionale, dei diplomi e degli attestati conseguiti in base alla normativa anteriore a quella di attuazione dell’art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni; Vista la legge 10 agosto 2000, n. 251, concernente la disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche, tecniche, della riabilitazione, della prevenzione nonche’ della professione ostetrica;
Visto il decreto in data 29 marzo 2001 del Ministro della sanita’ di concerto con il Ministro dell’universita’ e della ricerca scientifica e tecnologica concernente la definizione delle figure professionali di cui all’art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, da includere nelle fattispecie previste dagli articoli 1, 2, 3, 4 della legge 10 agosto 2000, n. 251; Ritenuto di disciplinare in maniera organica la materia dell’esenzione dall’I.V.A. per le figure professionali indicate nell’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie e per quelle gia’ individuate o che saranno individuate ai sensi dell’art. 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni; Ritenuto di confermare l’esenzione per gli operatori sanitari, indicati nel richiamato decreto interministeriale del 21 gennaio 1994, che sono in possesso di titoli non ancora riconosciuti equivalenti ai sensi del comma 2 dell’art. 4 della legge n. 42/1999; Ritenuto di procedere, pertanto, all’abrogazione del richiamato decreto del 21 gennaio 1994; Viste le direttive dell’Unione europea in materia di libera circolazione dei professionisti e degli operatori sanitari;
Vista la legge 8 novembre 1984, n. 752, concernente il riconoscimento di titoli abilitanti all’esercizio delle professioni sanitarie ausiliarie, delle arti ausiliarie delle professioni sanitarie e delle professioni sanitarie tecniche per le quali non sia richiesta la laurea, conseguiti all’estero da cittadini italiani; Viste le disposizioni sul riconoscimento dei titoli abilitanti all’esercizio delle professioni sanitarie conseguiti all’estero da cittadini extracomunitari di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, recante testo unico delle disposizioni concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello straniero, ed al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394, recante norme di attuazione del predetto testo unico; Ritenuto di prevedere espressamente la esenzione dall’I.V.A. per le prestazione rese dai cittadini italiani e stranieri in possesso di uno dei titoli abilitanti all’esercizio di una professione sanitaria in base alle direttive comunitarie, alla citata legge n. 752/1984, e al testo unico di cui al decreto legislativo n. 286/1998;
Decreta:
Art. 1. 1.
Ai sensi dell’art. 10, n. 18, del decreto del Presidente della Repubblica 26 ottobre 1972, n. 633, come modificato dall’art. 36, comma 9, del decreto-legge 30 agosto 1993, n. 331, convertito nella legge 29 ottobre 1993, n. 427, sono esenti dall’imposta sul valore aggiunto (I.V.A.) le prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona, oltre che dagli esercenti una professione sanitaria o un’arte ausiliaria delle professioni sanitarie indicate all’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, da: a) gli esercenti le professioni di biologo e psicologo; b) gli esercenti la professione sanitaria di odontoiatra di cui alla legge 24 luglio 1985, n. 409; c) gli operatori abilitati all’esercizio delle professioni elencate nel decreto ministeriale 29 marzo 2001 che eseguono una prestazione sanitaria prevista dai decreti ministeriali di individuazione dei rispettivi profili. 2. Sono esenti dall’imposta sul valore aggiunto le prestazioni rese alla persona dai cittadini italiani e stranieri, che esercitano una delle professioni o arti ausiliarie delle professioni sanitarie di cui al comma 1, in base ai titoli conseguiti nei Paesi dell’Unione europea, nonche’ in base a titoli conseguiti in Paesi extracomunitari e riconosciuti ai fini dell’esercizio professionale ai sensi della legge 8 novembre 1984, n. 752, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 e del decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n. 394.
Art. 2. 1.
E’ abrogato il decreto del Ministro della sanita’ di concerto con il Ministro delle finanze del 21 gennaio 1994. Il presente decreto sara’ trasmesso alla Corte dei conti per la registrazione e sara’ pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana. Roma, 17 maggio 2002
Il Ministro della salute Sirchia
Il Ministro dell’economia e delle finanze Tremonti
Precisazioni sulla esenzione iva per le cure mediche
Precisazioni sulla esenzione iva per le cure mediche
Precisazioni sulla esenzione iva per le cure mediche e deducibilità spese podologo
L’esenzione IVA per le prestazioni mediche va riconosciuta esclusivamente a quelle prestazioni che sono dirette alla diagnosi, alla cura e, nella misura possibile, alla guarigione di malattie e di problemi di salute.
Lo ha precisato l’Agenzia delle Entrate, con la circolare n. 4 del 28 gennaio 2005, fornendo taluni chiarimenti sul trattamento IVA applicabile alle prestazioni rese dai medici alla luce dell’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia Europea con sentenze del 20 novembre 2003 (cause C-307/01 e C-212/01).
Agenzia delle Entrate
CIRCOLARE N. 4 del 28.01.2005
Oggetto: Prestazioni mediche esenti – art.10, n.18), DPR 26 ottobre 1972 n. 633 – Art. 13, parte A, n 1, lett. c) della sesta direttiva del Consiglio 17 maggio 1977, 77/388/CEE. Sentenze Corte di giustizia (del 20/11/2003 cause 307/01 e 212/01)
INDICE
1. Premessa
2. Trattamento IVA delle prestazioni mediche secondo la Corte di Giustizia
3. Applicabilità in ambito nazionale dei principi enunciati dalla Corte di Giustizia
4. Art 10, n. 18), del DPR 26 ottobre 1972, n. 633. Ambito di applicazione dell’esenzione. Criterio dello scopo principale della prestazione
5. Prestazioni di medicina legale
5.1 Riconoscimento cause di servizio
5.2 Prestazioni rese dalle commissioni mediche di verifica in relazione alle istanze di pensione di invalidità
5.3 Commissioni mediche locali patenti guida
6. Certificazioni rilasciate dai medici di famiglia
7. Prestazioni del medico competente
8. Prestazioni di chirurgia estetica
9. Prestazioni intramoenia
1) Premessa
L’art. 10, n.18), del DPR 26 ottobre 1972 n. 633 esenta “le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con regio decreto 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro delle finanze”. La disposizione deriva dal recepimento nella normativa nazionale di quanto previsto dall’art.13, parte A, n.1, lett. c) della sesta Direttiva (direttiva 77/388/CEE del 17 maggio 1977) che dispone che gli Stati membri esentano “le prestazioni
mediche effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche quali sono definite dagli Stati membri interessati”.
Sull’argomento, di recente, si è pronunciata la Corte di Giustizia Europea con sentenze del 20 novembre 2003 (cause C-307/01 e C-212/01) enucleando taluni principi e limitazioni nell’applicazione della suddetta disposizione comunitaria. Alla luce della interpretazione fornita dall’Organo di giustizia comunitaria, si ritiene opportuno, con la presente circolare fornire chiarimenti sul trattamento IVA applicabile alle prestazioni rese dai medici, allo scopo di assicurare comportamenti uniformi all’interno dello Stato.
2) Trattamento IVA delle prestazioni mediche secondo la Corte di Giustizia
La Corte di Giustizia con le sentenze in rassegna (cause 307/01 e 212/01), pronunciate a seguito di controversie insorte in Austria e Gran Bretagna, ha affermato che il richiamato art. 13, parte A, n. 1, lett. c), non esenta l’insieme delle prestazioni che possono essere effettuate nell’esercizio delle professioni mediche e paramediche ma solo quelle corrispondenti alla nozione “di prestazioni mediche” che deve assumere, ai fini dell’esenzione, un significato autonomo rispetto al complesso delle attività rese nell’ambito di tali professioni.
Secondo la Corte, l’esenzione va riconosciuta esclusivamente a quelle prestazioni mediche che sono dirette alla diagnosi, alla cura e, nella misura possibile, alla guarigione di malattie e di problemi di salute.
Infatti, per costante giurisprudenza della Corte di Giustizia (sentenze 10 settembre 2002 – causa 141/00, 11 gennaio 2001 – causa 76/99, 14 settembre 2000 – causa n. 384), le esenzioni di cui all’art. 13 della sesta direttiva devono essere interpretate restrittivamente dato che costituiscono una deroga al principio generale secondo cui l’IVA è riscossa per ogni prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso da un soggetto passivo.
Tuttavia la Corte ha precisato che anche le prestazioni effettuate a fini profilattici possono beneficiare dell’esenzione essendo ciò conforme all’obiettivo comune delle esenzioni previste dall’art. 13, n 1, lett. b) e c) della sesta direttiva che è quello di ridurre il costo delle spese sanitarie e rendere pertanto le cure mediche accessibili ai singoli.
Al fine di delimitare l’ambito di applicazione dell’esenzione occorre individuare il contesto in cui le prestazioni sanitarie sono rese per stabilire quale sia il loro scopo principale.”Pertanto -ad avviso della Corte- se una prestazione medica viene effettuata in un contesto che permette di stabilire che il suo scopo principale non è quello di tutelare nonchè di mantenere o di ristabilire la salute, ma piuttosto quello di fornire un parere richiesto preventivamente all’adozione di una decisione che produce effetti giuridici, l’esenzione prevista dall’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva non si applica”.
Così la Corte ha escluso che possano rientrare nell’esenzione le perizie mediche la cui realizzazione, sebbene “faccia appello alle competenze mediche del prestatore e possa implicare attività tipiche della professione medica, come l’esame fisico del paziente o l’esame della sua cartella clinica”, persegue “lo scopo principale di soddisfare una condizione legale o contrattuale prevista nel processo decisionale altrui”.
Non costituiscono altresì, secondo la Corte, prestazioni mediche esenti quelle effettuate nell’esercizio della professione medica consistenti nel rilascio di certificati o referti sullo stato di salute di una persona al fine dell’istruzione di pratiche amministrative, come ad esempio quelle dirette ad ottenere una pensione di invalidità o di guerra, oppure esami medici eseguiti al fine di quantificare l’entità dei danni nei giudizi di responsabilità civile o al fine di intentare un’azione giurisdizionale in relazione ad errori medici. A giudizio della Corte, ai fini dell’esenzione, inoltre, non è rilevante che l’attività peritale rivesta un interesse generale per la circostanza che l’incarico sia conferito da un giudice o da un ente di previdenza sociale, o che, in forza del diritto nazionale, le spese siano poste a carico di quest’ ultimo; il carattere di interesse generale delle attività peritali non consente comunque di applicare l’esenzione a prestazioni mediche che non hanno la finalità di tutelare la salute della persona; ciò in
quanto l’art. 13 della direttiva non esenta da IVA ogni attività di interesse generale ma solo quelle enumerate e descritte in modo dettagliato.
In considerazione dello scopo principale delle prestazioni non possono essere esentati, secondo il convincimento della Corte di giustizia, gli esami medici, i prelievi di sangue o di altri campioni corporali effettuati per permettere al datore di lavoro di adottare decisioni relative all’assunzione o alle funzioni che un lavoratore deve esercitare oppure di permettere ad una compagnia di assicurazione di fissare il premio da esigere da un assicurato.
Non rientrano, inoltre, nell’ambito di applicazione dell’esenzione le prestazioni mediche tese a stabilire con analisi biologiche le affinità genetiche di individui (sentenza 14/09/2000 – causa 384/98).
Diversamente, a parere dell’organo di giustizia comunitario, possono fruire dell’esenzione in quanto finalizzati alla tutela della salute:
a) i controlli medici regolari, istituiti da taluni datori di lavoro o da talune compagnie assicurative, compresi i prelievi di sangue o di altri campioni corporali per verificare la presenza di virus, infezioni o altre malattie;
b) il rilascio di certificati di idoneità fisica ad esempio a viaggiare;
c) il rilascio di certificati di idoneità fisica diretti a dimostrare nei confronti di terzi che lo stato di salute di una persona impone limiti a talune attività o esige che esse siano effettuate in condizioni particolari.
3) Applicabilità in ambito nazionale dei principi enunciati dalla Corte di Giustizia.
La sesta direttiva n. 77/388/CEE – in materia di armonizzazione delle legislazioni degli stati membri relative alle imposte sulla cifra di affari – stabilisce un sistema di applicazione dell’IVA uniforme in tutti gli stati appartenenti alla Comunità al fine di evitare fenomeni distorsivi della concorrenza nella circolazione dei beni e dei servizi.
Tale sistema comporta che gli Stati membri hanno l’obbligo di uniformare i propri ordinamenti alle regole dettate dalla citata direttiva.
In tale contesto, improntato a criteri di uniformità, è pertanto necessario applicare i principi interpretativi espressi dalla Corte di Giustizia con le sentenze in rassegna, anche se pronunciate nei confronti di Stati diversi dall’Italia; in caso contrario infatti, l’Italia, in considerazione degli obblighi assunti in ambito comunitario, si esporrebbe al rischio di procedure d’infrazione per violazione della sesta direttiva.
In particolare le sentenze del 20 novembre 2003, intervenendo sul significato normativo dell’art. 13, parte A, n. 1, lett. c), della sesta direttiva, 77/388/CEE, rendono indispensabile una rilettura del sistema di esenzione previsto dall’art. 10, n. 18), del Dpr n. 633 del 1972, al fine di limitarne l’ambito di applicazione. Peraltro la generica formulazione di detta norma si presta alla soluzione ermeneutica offerta dalla Corte di giustizia in questione e non rende necessario l’intervento correttivo del legislatore nazionale.
4) Art 10, n. 18), del 26 ottobre 1972, n. 633. Ambito di applicazione dell’esenzione. (Criterio dello scopo principale della prestazione).
Come già detto, in ambito nazionale l’individuazione delle prestazioni mediche e paramediche esenti è operata dall’art. 10, n. 18), del DPR n. 633/1972, che fa riferimento alle “prestazioni sanitarie di diagnosi cura e riabilitazione rese alla persona”. Al riguardo tenendo conto, in particolare, della nozione di “prestazione medica” elaborata nelle pronunce giurisdizionali in discorso, l’ambito di applicazione dell’esenzione prevista dal citato art. 10, n. 18), va limitato alle prestazioni mediche di diagnosi, cura e riabilitazione il cui scopo principale è quello di tutelare, mantenere o ristabilire la salute delle persone, comprendendo in tale finalità anche quei trattamenti o esami medici a carattere profilattico eseguiti nei confronti di persone che non soffrono di alcuna malattia.
In tal modo si evita di comprendere indistintamente nell’esenzione IVA tutte le estrinsecazioni delle
professioni mediche e paramediche, ma si rende necessario individuare nell’ambito di tali professioni le prestazioni non riconducibili alla nozione di prestazioni mediche enucleata dalla Corte di Giustizia.
Poiché l’interpretazione della Corte ha interessato i requisiti oggettivi che una prestazione medica o paramedica deve possedere per essere qualificata esente da IVA, non risulta in alcun modo intaccato il principio – che inerisce l’aspetto soggettivo – espresso dalla lettera c) dell’art. 13), della sesta direttiva, in base al quale la individuazione delle professioni e arti sanitarie è demandata ai singoli Stati.
Pertanto deve ritenersi conforme al diritto comunitario la previsione recata dall’art. 10, n.18), secondo cui, sotto il profilo soggettivo, la prestazione medica e paramedica può essere esente dall’IVA solo se resa dai soggetti sottoposti a vigilanza ai sensi dell’art. 99 del R.D. 27 luglio 1934 n. 1265 e successive modificazioni ovvero individuati dal decreto del ministero della Sanità 17 maggio 2002.
L’elemento di novità che deriva dal contesto delineato dai giudici comunitari, riguarda in particolare le prestazioni di natura certificativa e soprattutto le perizie mediche.
Considerato che l’adozione di un criterio indefinito e talune volte non facilmente verificabile qual è “lo scopo principale della prestazione” può comportare conseguenze negative sul piano della corretta e uniforme applicazione dell’esenzione, al fine di limitare i dubbi interpretativi sorti in relazione ai molteplici quesiti prospettati dai contribuenti, si ritiene utile fornire una rassegna esemplificativa di fattispecie riconducibili o meno all’art. 10 n. 18) del DPR 633/1972.
5) Prestazioni di medicina legale.
In generale vanno escluse dall’esenzione le attività rese dai medici nell’ambito della loro professione che consistono in perizie eseguite attraverso l’esame fisico o in prelievi di sangue o nell’esame della cartella clinica al fine di soddisfare una condizione legale o contrattuale prevista nel processo decisionale altrui o comunque per altre finalità non connesse con la tutela della salute.
Non possono beneficiare dell’esenzione pertanto le consulenze medico legali concernenti lo stato di salute delle persone finalizzate al riconoscimento di una pensione di invalidità o di guerra, gli esami medici condotti al fine della preparazione di un referto medico in materia di questioni di responsabilità e di quantificazione del danno nelle controversie giudiziarie (esempio: prestazioni dei medici legali come consulenti tecnici di ufficio presso i tribunali) o finalizzate alla determinazione di un premio assicurativo o alla liquidazione di una danno da parte di una impresa assicurativa; sono altresì escluse dall’esenzione le perizie tese a stabilire con analisi biologiche l’affinità genetica di soggetti al fine dell’accertamento della paternità.
Si ritiene opportuno esaminare più in dettaglio le seguenti ipotesi particolari sottoposte all’esame della scrivente.
5.1 Riconoscimento cause di servizio
Gli accertamenti medico-legali effettuati dall’INAIL, sulla base di convenzioni stipulate con aziende a fronte del pagamento di corrispettivi, connessi alle istanze di riconoscimento di “cause di servizio” presentate da lavoratori dipendenti in relazione ad infortuni, stati di infermità, inabilità assoluta o permanente, devono essere assoggettati ad IVA.
Si tratta infatti di prestazioni preordinate al riconoscimento o meno di benefici economici nei confronti del personale e non finalizzate alla tutela della salute di detto personale.
Qualora tuttavia l’INAIL renda, sulla base delle convenzioni, prestazioni mediche aventi una finalità terapeutica o di prevenzione, queste fruiscono dell’esenzione: è il caso dei controlli medici eseguiti sui lavoratori a scopo profilattico o al fine di stabilirne l’idoneità fisica, cioè se lo stato di salute consenta lo svolgimento di determinate mansioni ovvero il rientro al lavoro.
5.2 Prestazioni rese dalle commissioni mediche di verifica in relazione alle istanze di pensione di invalidità.
La Commissione medica di verifica istituita presso il Ministero dell’economia e finanze (Direzione
centrale degli Uffici locali e dei servizi del tesoro) svolge attività di consulenza medico legale in relazione alle richieste di pensione di invalidità.
I componenti della Commissione possono essere dipendenti di altri enti o liberi professionisti.
Per quanto riguarda le prestazioni rese nei confronti della Commissione dai medici dipendenti, non titolari di una posizione IVA in relazione ad una attività di lavoro autonomo, non si pone alcun problema di IVA, atteso che ai sensi dell’art. 50, c.1, lettera f) del TUIR, il rapporto intrattenuto determina un reddito assimilato a quello di lavoro dipendente, come tale completamente estraneo all’ambito di applicazione dell’IVA.
Le prestazioni rese dai medici libero professionisti non possono beneficiare dell’esenzione di cui all’art. 10 del DPR n. 633 in quanto non hanno per scopo principale quello di tutelare, nonchè di mantenere o ristabilire la salute di una persona ma quello di fornire un parere medico al fine di sostenere o invalidare una richiesta di riconoscimento di una pensione di invalidità o di guerra.
Le prestazioni in discorso vanno pertanto assoggettate ad IVA con applicazione dell’aliquota ordinaria del 20%.
Si fa presente che ai sensi dell’art. 50, comma 1, lett. f) del Tuir, come modificato dall’art. 2, comma 35, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, i compensi erogati da Stato, Regioni, Province e Comuni per l’esercizio di pubbliche funzioni, nel cui ambito devono comprendersi anche le partecipazioni a commissioni istituite sulla base di norme di legge, costituiscono redditi di lavoro autonomo se la prestazione è resa da soggetti titolari di partita IVA.
Anteriormente alla richiamata modifica normativa, in vigore dal 1 gennaio 2004, i compensi percepiti per l’esercizio di pubbliche funzioni costituivano redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente ancorché resi da professionisti.
Le relative prestazioni, pertanto, non essendo rilevanti ai fini dell’IVA non erano soggette all’obbligo di fatturazione.
5.3 Commissioni mediche locali patenti di guida.
Le Commissioni mediche locali patenti di guida (organismi dei Ministeri della salute e delle infrastrutture e dei trasporti) hanno il compito di valutare l’idoneità alla guida di soggetti disabili o affetti da patologie potenzialmente pericolose per la guida, ai sensi dell’art. 119, comma 4, del codice della strada (d.lgs. 30 aprile 1992, n. 285).
Il regolamento di esecuzione del codice della strada pone a carico degli utenti il versamento di “diritti” per le operazioni di competenza delle commissioni, che verranno destinati in parte al pagamento dei gettoni di partecipazione dei componenti e, in parte alle spese di funzionamento delle commissioni.
In relazione a ciò si ritiene che le prestazioni rese dai medici libero professionisti componenti delle Commissioni mediche in questione rientrino nell’ambito applicativo dell’esenzione in quanto lo scopo principale non consiste nel rilascio dell’autorizzazione amministrativa alla guida, ma nella tutela preventiva della salute di soggetti che, trovandosi in particolari condizioni fisiche, potrebbero compromettere la propria salute e l’incolumità della collettività attraverso la guida di autoveicoli.
Il rilascio della patente avverrà solo a seguito del superamento dell’esame di guida.
Per quanto concerne l’attività svolta dalla Commissione nei confronti degli utenti si ritiene che questa non assuma rilevanza ai fini dell’IVA in quanto attiene all’esercizio di compiti istituzionali previsti da norme di legge.
Le somme dovute dagli utenti, non costituendo il corrispettivo di prestazioni di servizi di natura commerciale, non devono essere, pertanto, gravate da imposta. Devono essere altresì ricondotte all’esenzione IVA le ordinarie visite mediche effettuate per il rilascio o il rinnovo di patenti a soggetti non affetti da disabilità.
6) Certificazioni rilasciate dai medici di famiglia
I medici di famiglia esercitano in connessione alle prestazioni cliniche una serie di prestazioni cui sono tenuti su richiesta del cittadino e a fronte delle quali, in taluni casi, ricevono il pagamento di una parcella.
I medici di famiglia, inoltre, sono tenuti a rilasciare certificati sulla base di apposite disposizioni normative, senza percepire compensi.
Al riguardo si ritiene che siano esenti da IVA, quando rese dietro pagamento di un corrispettivo, le prestazioni rese dai medici di famiglia nell’ambito delle proprie attività convenzionali e istituzionali, comprese quelle attività di natura certificativa strettamente connesse all’attività clinica resa ai propri assistiti e funzionalmente collegate alla tutela della salute delle persone, intesa anche come prevenzione.
A titolo esemplificativo si segnalano le seguenti prestazioni che hanno quale scopo principale la tutela della salute anche se, in taluni casi, possono fornire a terzi elementi istruttori: – certificati per esonero dalla educazione fisica; – certificazione di idoneità per attività sportiva; – certificati per invio di minori in colonie o comunità; – certificati di avvenuta vaccinazione.
Le indicate certificazioni, rese a seguito di apposito esame clinico da parte del medico, non hanno come finalità principale quella di consentire a determinati soggetti di prendere una decisione, intervenendo pertanto nel processo decisionale altrui.
Ad esempio i certificati di buona costituzione fisica richiesti per intraprendere una attività sportiva, realizzano lo scopo principale di tutelare in via preventiva la salute dei cittadini, sia come singoli che come collettività, nei luoghi dove vengono esercitate attività collettive sportive, didattiche, di lavoro.
Al di fuori delle ipotesi (come quelle richiamate) in cui lo scopo della prestazione è ben individuato, per usufruire dell’esenzione da IVA occorre che sia menzionata la finalità principale -di tutela della salute- della certificazione richiesta.
In difetto di tale dichiarazione infatti le certificazioni vanno assoggettate ad IVA in quanto le esenzioni previste dall’art. 10 in questione, in conformità dei principi espressi dalla Corte di Giustizia, devono essere interpretate restrittivamente costituendo una deroga al principio generale dell’assoggettamento ad IVA delle prestazioni rese a titolo oneroso da un soggetto passivo.
Non rientrano, invece, nell’ambito applicativo dell’esenzione le prestazioni di natura peritale, cioè quelle tendenti a riconoscere lo status del richiedente rispetto al diritto all’indennizzo o al diritto ad un beneficio amministrativo o economico. Ad esempio: – Certificazione per assegno di invalidità o pensione di invalidità ordinaria; – Certificazione di idoneità a svolgere generica attività lavorativa; – Certificazioni peritali per infortuni redatte su modello specifico; – Certificazione per riconoscimento di invalidità civile.
I medici sono tenuti inoltre a rendere senza corrispettivo determinate prestazioni la cui obbligatorietà deriva per legge dalla natura dell’attività esercitata.
Dette prestazioni non rilevano ai fini IVA in quanto non si realizzano i presupposti per l’applicazione dell’imposta.
Si tratta ad esempio di: – dichiarazione di nascita, dichiarazione di morte; – denunce penali o giudiziarie; – denunce di malattie infettive e diffusive; – notifica dei casi di AIDS; – denuncia di malattia venerea; – segnalazione di tossicodipendenti al servizio pubblico; – denuncia di intossicazione da antiparassitario; – denuncia della condizione di minore in stato di abbandono; – certificati per rientro al lavoro o per rientro a scuola a seguito di assenza per malattia.
7) Prestazioni del medico competente
Le prestazioni rese dal medico competente nell’ambito della sua attività di sorveglianza sanitaria sui luoghi di lavoro, sulla base del Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, sono esenti da IVA ai sensi dall’art. 6 della legge n. 133 del 1999 (risoluzione 18/09/2003 n. 181).
Tale disposizione risulta conforme ai criteri enunciati dalla Corte di Giustizia in quanto il bene
giuridico primario protetto attraverso l’attività posta in essere dal medico competente è la salute dei lavoratori ed in particolare la sicurezza sanitaria dell’ambiente di lavoro.
8) Prestazioni di chirurgia estetica
Le prestazioni mediche di chirurgia estetica sono esenti da IVA in quanto sono ontologicamente connesse al benessere psico-fisico del soggetto che riceve la prestazione e quindi alla tutela della salute della persona.
Si tratta di interventi tesi a riparare inestetismi, sia congeniti sia talvolta dovuti ad eventi pregressi di vario genere (es: malattie tumorali, incidenti stradali, incendi, ecc.), comunque suscettibili di creare disagi psico-fisici alle persone.
9) Prestazioni intramoenia
Si ritiene opportuno segnalare, conclusivamente, che nei casi richiamati, in cui sulla base dei principi formulati dalla Corte di Giustizia la prestazione del medico non è riconducibile al trattamento di esenzione (es. medicina legale), deve essere emessa fattura con addebito di IVA anche se il sanitario opera in regime di intramoenia.
In tale ipotesi, poiché il medico opera nel quadro di un rapporto assimilato a quello di lavoro dipendente la prestazione sanitaria è formalmente resa al paziente dall’ente di cui il medico è dipendente.
Per tale motivo sarà il predetto ente ad emettere la fattura con applicazione dell’IVA al 20%.
Le Direzioni regionali vigileranno sulla corretta applicazione delle presenti istruzioni.
10) Deducibilità spese podologo
Deduzioni e detrazioni Irpef; Agenzia delle Entrate chiarisce L’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 39/E ha affrontato e chiarito alcuni dubbi in merito alle deduzioni e detrazioni Irpef .
Detrazione spese fisioterapista Rifacendosi a quanto già riportato nella Circolare 17/2006, l’Agenzia delle entrate ha attestato che è consentita la detraibilità delle spese relative alle prestazioni di tipo riabilitativo, come ad esempio, fisioterapisti, podologi, logopedisti, ecc., solo, ed esclusivamente, se si tratta di operatori abilitati a svolgere la professione sanitaria e solo se tali terapie siano state prescritte da un medico.
Regime fiscale del podologo
Aumentano le prestazioni sanitarie esenti dall’Iva
Un decreto del ministero della Salute riformula
il contenuto dell’articolo 10 n. 18, del Dpr n. 633 del 1972
Con il decreto 17 maggio 2002 del ministero della Salute, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13 agosto ed entrato in vigore il 28 agosto, sono state apportate sostanziali modifiche al trattamento tributario, ai fini Iva, applicabile alle prestazioni sanitarie, o meglio è stato ampliato il regime di esenzione previsto per quest’ultime.
Il decreto consta di due soli articoli.
Nel primo viene stabilito che, ai sensi dell’articolo 10, n. 18), del Dpr n. 633 del 1972 (il testo che disciplina l’Iva), sono esenti dall’imposta le prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona, oltre che dagli esercenti una professione sanitaria o un’arte ausiliaria delle professioni sanitarie indicate all’articolo 99 del Testo unico delle leggi sanitarie (regio decreto n. 1265 del 1934), e successive modificazioni, anche da parte di:
– esercenti le professioni di biologo e psicologo
– esercenti la professione sanitaria di odontoiatra di cui alla legge n. 409 del 1985
– operatori abilitati all’esercizio delle professioni elencate nel decreto ministeriale 29 marzo 2001 che eseguono una prestazione sanitaria prevista dai decreti ministeriali di individuazione dei rispettivi profili.
Inoltre, è previsto che le medesime prestazioni sanitarie sono esenti dall’Iva anche se rese da cittadini italiani e stranieri che esercitano una delle professioni (o arti ausiliarie) citate, in base ai titoli conseguiti nell’Unione europea e nei Paesi extracomunitari e riconosciuti, per l’esercizio professionale, ai sensi della legge n. 752 del 1984, del Dlgs n. 286 del 1998 e del Dpr n. 394 del 1999.
Nell’articolo 2 viene coerentemente abrogato il decreto interministeriale (Sanità e Finanze) 21 gennaio 1994, che individuava le professioni sanitarie esenti ai fini Iva. Prima di evidenziare le differenze rispetto alla precedente disciplina, è opportuno chiarire quanto disciplinato sia dall’articolo 10, n. 18), del Dpr n. 633 del 1972, sia dal decreto interministeriale del 1994.
L’articolo 10, n. 18), prevede che sono esenti dall’Iva “le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione resa alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro delle finanze”.
Sostanzialmente, il nuovo decreto interministeriale, nel sopprimere il precedente, estende la disposizione di cui al citato articolo 10.
Ciò è in linea con la normativa relativa alle professioni sanitarie, e, più precisamente, con la legge n. 251 del 2000 (articolo 6, comma 1), che ha integrato e raggruppato le figure professionali di cui al Dlgs n. 502 del 1992 (articolo 6, comma 3).
Queste figure sono state recentemente definite dal decreto 29 marzo 2001 del ministro della Salute. Tra esse vi rientrano:
– le professioni sanitarie di carattere infermieristico e di ostetrico
– le professioni sanitarie di natura riabilitativa quali il podologo, il fisioterapista, il logopedista, l’ortottista-assistente di oftalmologia, il terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, il tecnico della riabilitazione psichiatrica, il terapista occupazionale, l’educatore professionale
– le professioni tecnico sanitarie articolate nelle aree tecnico-diagnostica e tecnico-assistenziale. Nella prima vi rientrano il tecnico audiometrista, il tecnico sanitario di laboratorio di biomedica, il tecnico sanitario di radiologia medica, il tecnico di neurofisiopatologia. Nella seconda sono ricompresi il tecnico ortopedico, il tecnico audioprotesista, il tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e per fusione cardiovascolare, l’igienista dentale, il dietista
– le professioni tecniche della prevenzione, tra le quali sono incluse quelle del tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, l’assistente sanitario.
Il decreto del 1994 stabiliva l’esenzione dall’Iva per le professioni sanitarie di biologo e psicologo, e, relativamente alle prestazioni rese da terapista della riabilitazione, ortottista, logopedista, massaggiatore e massoterapista diplomato, podologo, soltanto nell’eventualità in cui le stesse fossero state erogate su “prescrizione medica”.
Pertanto, rispetto alle precedenti disposizioni, il decreto attualmente in vigore, oltre ad ampliare le figure professionali a cui si rende applicabile la norma di esenzione, non prevede neanche che alcune di esse possano fruirne soltanto in presenza del rilascio della prescrizione medica.
Infine, un’altra differenza è data dal fatto che, oggi, le prestazioni sanitarie su elencate si considerano esenti dall’Iva, anche se rese da operatori professionisti (italiani e stranieri) che hanno conseguito il titolo in altri Paesi, sempre che gli stessi titoli siano riconosciuti in Italia ai fini dell’esercizio professionale.
Il regime fiscale del Podologo
Aumentano le prestazioni sanitarie esenti dall’Iva
Un decreto del ministero della Salute riformula
il contenuto dell’articolo 10 n. 18, del Dpr n. 633 del 1972
Con il decreto 17 maggio 2002 del ministero della Salute, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 13 agosto ed entrato in vigore il 28 agosto, sono state apportate sostanziali modifiche al trattamento tributario, ai fini Iva, applicabile alle prestazioni sanitarie, o meglio è stato ampliato il regime di esenzione previsto per quest’ultime.
Il decreto consta di due soli articoli.
Nel primo viene stabilito che, ai sensi dell’articolo 10, n. 18), del Dpr n. 633 del 1972 (il testo che disciplina l’Iva), sono esenti dall’imposta le prestazioni di diagnosi, cura e riabilitazione rese alla persona, oltre che dagli esercenti una professione sanitaria o un’arte ausiliaria delle professioni sanitarie indicate all’articolo 99 del Testo unico delle leggi sanitarie (regio decreto n. 1265 del 1934), e successive modificazioni, anche da parte di:
– esercenti le professioni di biologo e psicologo
– esercenti la professione sanitaria di odontoiatra di cui alla legge n. 409 del 1985
– operatori abilitati all’esercizio delle professioni elencate nel decreto ministeriale 29 marzo 2001 che eseguono una prestazione sanitaria prevista dai decreti ministeriali di individuazione dei rispettivi profili.
Inoltre, è previsto che le medesime prestazioni sanitarie sono esenti dall’Iva anche se rese da cittadini italiani e stranieri che esercitano una delle professioni (o arti ausiliarie) citate, in base ai titoli conseguiti nell’Unione europea e nei Paesi extracomunitari e riconosciuti, per l’esercizio professionale, ai sensi della legge n. 752 del 1984, del Dlgs n. 286 del 1998 e del Dpr n. 394 del 1999.
Nell’articolo 2 viene coerentemente abrogato il decreto interministeriale (Sanità e Finanze) 21 gennaio 1994, che individuava le professioni sanitarie esenti ai fini Iva. Prima di evidenziare le differenze rispetto alla precedente disciplina, è opportuno chiarire quanto disciplinato sia dall’articolo 10, n. 18), del Dpr n. 633 del 1972, sia dal decreto interministeriale del 1994.
L’articolo 10, n. 18), prevede che sono esenti dall’Iva “le prestazioni sanitarie di diagnosi, cura e riabilitazione resa alla persona nell’esercizio delle professioni e arti sanitarie soggette a vigilanza, ai sensi dell’art. 99 del testo unico delle leggi sanitarie, approvato con R.D. 27 luglio 1934, n. 1265, e successive modificazioni, ovvero individuate con decreto del Ministro della sanità, di concerto con il Ministro delle finanze”.
Sostanzialmente, il nuovo decreto interministeriale, nel sopprimere il precedente, estende la disposizione di cui al citato articolo 10.
Ciò è in linea con la normativa relativa alle professioni sanitarie, e, più precisamente, con la legge n. 251 del 2000 (articolo 6, comma 1), che ha integrato e raggruppato le figure professionali di cui al Dlgs n. 502 del 1992 (articolo 6, comma 3).
Queste figure sono state recentemente definite dal decreto 29 marzo 2001 del ministro della Salute. Tra esse vi rientrano:
– le professioni sanitarie di carattere infermieristico e di ostetrico
– le professioni sanitarie di natura riabilitativa quali il podologo, il fisioterapista, il logopedista, l’ortottista-assistente di oftalmologia, il terapista della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva, il tecnico della riabilitazione psichiatrica, il terapista occupazionale, l’educatore professionale
– le professioni tecnico sanitarie articolate nelle aree tecnico-diagnostica e tecnico-assistenziale. Nella prima vi rientrano il tecnico audiometrista, il tecnico sanitario di laboratorio di biomedica, il tecnico sanitario di radiologia medica, il tecnico di neurofisiopatologia. Nella seconda sono ricompresi il tecnico ortopedico, il tecnico audioprotesista, il tecnico della fisiopatologia cardiocircolatoria e per fusione cardiovascolare, l’igienista dentale, il dietista
– le professioni tecniche della prevenzione, tra le quali sono incluse quelle del tecnico della prevenzione nell’ambiente e nei luoghi di lavoro, l’assistente sanitario.
Il decreto del 1994 stabiliva l’esenzione dall’Iva per le professioni sanitarie di biologo e psicologo, e, relativamente alle prestazioni rese da terapista della riabilitazione, ortottista, logopedista, massaggiatore e massoterapista diplomato, podologo, soltanto nell’eventualità in cui le stesse fossero state erogate su “prescrizione medica”.
Pertanto, rispetto alle precedenti disposizioni, il decreto attualmente in vigore, oltre ad ampliare le figure professionali a cui si rende applicabile la norma di esenzione, non prevede neanche che alcune di esse possano fruirne soltanto in presenza del rilascio della prescrizione medica.
Infine, un’altra differenza è data dal fatto che, oggi, le prestazioni sanitarie su elencate si considerano esenti dall’Iva, anche se rese da operatori professionisti (italiani e stranieri) che hanno conseguito il titolo in altri Paesi, sempre che gli stessi titoli siano riconosciuti in Italia ai fini dell’esercizio professionale.
Profilo professionale del podologo
Profilo Professionale del Podologo
si precisa che il documento a seguire è riportato solo a scopo conoscitivo/informativo. La trascrizione può comprensibilmente aver determinato degli errori. Per un uso formale si consiglia di consultare le fonti ufficiali.
Regolamento concernente l’individuazione della figura e relativo profilo professionale del podologo
(Gazzetta Ufficiale 3 dicembre 1994, n. 283)
IL MINISTRO DELLA SANITA’
Visto l’art. 6, comma 3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante: «Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421», nel testo modificato dal decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517;
Ritenuto che, in ottemperanza alle precitate disposizioni, spetta al Ministro della sanità di individuare con proprio decreto le figure professionali da formare ed i relativi profili, relativamente alle aree dei personale sanitario infermieristico, tecnico e della riabilitazione;
Ritenuto di individuare con singoli provvedimenti lefigure professionali
Ritenuto di individuare la figura del podologo;
Visto il parere del consiglio superiore di sanità, espresso nella seduta del 22 aprile 1994;
Udito il parere dei Consiglio di Stato espresso nella adunanza generale dei 4 luglio 1994;
Vista la nota in data 13 settembre 1994 con cui lo schema di regolamento è stato trasmesso, ai sensi dell’art. 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, al Presidente del Consiglio dei Ministri;
ADOTTA
il seguente regolamento:
Art. 1.
1. E’ individuata la figura professionale del podologo con il seguente profilo: il podologo è l’operatore sanitario che in possesso del diploma universitario abilitante, tratta direttamente, nel rispetto della normativa vigente, dopo esame obiettivo del piede, con metodi incruenti, ortesici ed idromassoterapici, le callosità, le unghie ipertrofiche, deformi e incarnite, nonché il piede doloroso.
2. Il podologo, su prescrizione medica, previene e svolge la medicazione delle ulcerazioni delle verruche del piede e comunque assiste, anche ai fini dell’educazione sanitaria, i soggetti portatori di malattie a rischio.
3. Il podologo individua e segnala al medico le sospette condizioni patologiche che richiedono un approfondimento diagnostico o un intervento terapeutico.
4. Il podologo svolge la sua attività professionale in strutture sanitarie, pubbliche o private, in regime di dipendenza o libero-professionale.
Art. 2.
1. Il diploma universitario di podologo, conseguito ai sensi dell’art. 6, comma3, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, e successive modificazioni, abilita all’esercizio della professione.
Art. 3.
1. Con decreto del Ministro della sanità di concerto con il Ministro dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica sono individuati i diplomi e gli attestati, conseguiti in base al precedente ordinamento, che sono equipollenti al diploma universitario di cui all’art 2 ai fini dell’esercizio della relativa attività professionaIe e dell’accesso ai pubblici uffici.
Il presente decreto, munito dei sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.